Il pieno, per favore.

Avete presente quando andate a fare benzina, abbassate il finestrino e chiedete “Il pieno, per favore”?
Ecco, io in 48 ore ho fatto il pieno di una quantità di cose così belle che boh… Proverò a spiegarvele ma non so se ne sarò in grado perché son tante, voluminose e si sono aggrovigliate tra loro, incastrate, mescolate e annodate all’anima.

Partiamo dalle cose più “facili”, se così possiamo definirle. Iniziamo con Firenze che ho sempre a portata di mano e che ogni volta mi regala un’emozione nuova. Ha un’energia tutta sua; intima e da ricercare nelle viuzze piene di personalità, nelle nuvole che cambiano colore alle facciate, nelle piazze immortali e nelle sue opere che riempiono l’anima, gli occhi ed il cuore. Firenze è una culla di sogni, parole, attimi e sorrisi che si toccano. Devo ricordarmi di abbracciarla più spesso, anche solo per perdermi un po’ in sua compagnia.

Poi, andiamo in ordine e passiamo alla presentazione del libro.
Buffo come si muovono le sensazioni, le emozioni. Tutti mi dicevano di prepararmi qualcosa, dei discorsi, delle linee guida. Ma io non sono una che si prepara, non sono una mente matematica, odio gli schemi. Uso i bordi e i margini solo se ho a che fare con cose lineari, statiche o fisse. Ma coi libri non faccio niente di tutto questo, non l’ho mai fatto e mai lo farò.
Quindi no, non ho ascoltato tutti quelli che mi dicevano “Sil, preparati un discorso“. Io non ho impostato un bel niente, sono una creatura troppo “di pancia” per preparare queste cose che devono fluire di emozioni, non di schemi prefissati.

C’era l’amica ansia? Nei giorni precedenti a sabato sì, un po’. Poi via via quell’ansia ha cambiato tono, sapore e volto. Appena sono entrata nella libreria è mutata in qualcos’altro ma non so come chiamare quella sensazione, non so neanche se ha un nome.
Quando poi mi sono seduta, in una manciata di secondi ho permesso ai miei occhi di fare il lavoro magico: ho guardato alla mia sinistra, c’era Gianmarco, l’autore, quella personcina preziosa. Davanti a me avevo sguardi incuriositi, alcuni volti amici che mi hanno fatto bene al cuore con una meravigliosa sorpresa, altri ovviamente non sapevo chi fossero. Poi ho abbassato il mio di sguardo, tra le mani avevo la copia di “Non tutti gli alberi”, (clicca qui per maggiori info) il libro protagonista della serata e alla mia destra, sullo scaffale pieno di libri, gli occhi si sono posati su uno in particolare. “Mary Poppins” di P.L. Travers. Ho sorriso e poi ho iniziato a chiacchierare.
All’inizio mi faceva un po’ strano parlare in quel modo, in quel mio modo senza schemi o punti fermi. Poi mi sono messa quasi comoda nel mio habitat. Dall’imbarazzo alla comodità. Perché sì io ho due habitat lo sapete: quello boscoso, di montagna o di collina dove sono circondata da alberi, sentieri e natura oppure l’altro spazio in cui mi crogiolo è tra le pagine di carta, dove ci sono libri, persone che amano i libri e parole stampate.
Mi sono sentita bene, l’ansia si è trasformata al volo in tranquillità, ascoltavo Gianmarco, le domande delle persone, ascoltavo me.
Bello.

Andiamo avanti: le persone.
Io sono acquario ascendente scorpione. Sono quel tipo di persona che volendo chiacchiera anche con un tavolino ma credetemi, posso anche essere scostante e misantropa. Analizzo, osservo in silenzio, delineo i contorni delle persone, acchiappo e allontano se vedo che non fa per me. E ci metto molto poco a decidere questa cosa, anzi, pochissimo perché il lavoraccio lo lascio quasi sempre alle sensazioni a pelle, a quelle vibrazioni che arrivano al volo.
Quando quel mio lupo solitario interiore mi sussurra “andiamo via” devo imparare a zittirlo o a non considerarlo affatto ed ascoltare la persona davanti a me che mi dice “stai“.
Stare e stare bene.
Stare bene con persone che di base non conosci ma che tu acchiappi ed al contempo e senza preavviso loro agguantano te al volo. Che cosa strana. Che cosa meravigliosa.

Avete presente quando mangiate troppo e il bottone dei pantaloni vi tira? Quando vi sentite pieni e felici?
Ecco. Io ieri, domenica sera, a conclusione di queste due giornate, sono tornata a casa col cuore che stava stretto nella sua postazione perché si era allargato così tanto da strabordare. Poi vi dico la verità, non è facile rimetterlo nei suoi confini perchè le persone belle, ma belle vere, sono come una droga, ne vuoi ancora di più. Ed il bello è che di nocivo non c’è niente in tutto questo, c’è solo benessere, sorrisi spontanei accolti con una premura unica.

Cara Sil, cos’hai imparato in queste due giornate?
Tanta roba bella.
Che va bene non prepararsi discorsi pre impostati perché io nelle cose che faccio col cuore sono me stessa, sono io nel mio groviglio di pensieri e capelli e così voglio rimanere. Evolvere sì, cambiare no. Ho imparato che certe voci restano in testa, che alucni sguardi s’intrecciano subito e che gli abbracci sono più preziosi di tanti altri tipi d’interazione. Ho aggiunto un titolo alla lista dei “libri da leggere prima o poi”. Devo smettere di auto sabotarmi (cosa che adoro fare), devo dire più “sì” e meno “no”. Ho imparato che “la perfezione è solo una condizione dello sguardo” e che certe persone possono stare vicinissime anche in due stagioni diverse.

Si può piangere per la troppa bellezza di emozioni che si è raccolto?
Eh mi sa di sì, ho imparato anche questa cosa.
“Il pieno, per favore” questa volta l’ho detto al benzinano delle belle sensazioni vitali e ne sono immensamente grata. Grazie.