Déjà-vu

Credo che nella vita ci siano così tante stranezze (per la maggior parte irrisolvibili) che si potrebbero racchiudere in un immenso manuale ed intitolarlo con un bel punto interrogativo scritto in nero ed in grassetto, così da farlo vedere bene.
Oggi condivido con voi una delle tante stranezze che abitano di casa accanto a noi, sto parlando del Déjà-vu; ebbene sì, stamattina è venuto a farmi una cordiale visitina.
Mentre camminavo tranquilla con le mani immerse nelle profonde tasche del giubbotto alla disperata ricerca di un fazzolettino per dare man forte al mio povero naso che, dato il tempo instabile, è stato ingiustamente attaccato da un antipatico raffreddore, ecco che improvvisamente mi sento pervadere da quell’inconfondibile e misteriosa sensazione del “già vissuto”, o del “già visto”.
Credo di stare particolarmente simpatica a questo bizzarro fenomeno, perché mi capita spesso d’imbattermi in un Déjà-vu, non so come mai, però so di per certo che ogni volta, quella strana consapevolezza dell’ignoto, mi fa sorridere.
Gli scienziati discutono di questi fenomeni parlando di strambe alterazioni delle funzioni cognitive di riconoscimento e di recupero, in parole povere dell’attenzione e della memoria; ma il pensiero più comune, che nasce quasi spontaneamente, è il quesito che tutti ci poniamo, ovvero: il Déjà-vu rappresenta un residuo, un segno, un qualsiasi cosa legato ad una possibile vita precedente?
Quanto mistero svolazza col sorriso beffardo attorno a noi.
Quante risposte lasciate in bianco.
Molto spesso mi schiero dalla parte della scienza, probabilmente perché arriva a delle prove reali, tangibili, risolve gli schemi con procedimenti ponderati, spiegati e che hanno una logica ben precisa, oppure perché è più facile o più comodo dar ragione a quelle menti che hanno studiato così tanto; ma in questa circostanza la spiegazione che ci danno per “risolvere il problema” Déjà-vu, non mi appaga, mi lascia in bocca quell’amarognolo che un buon piatto sicuro non dovrebbe lasciare. D’altro canto però, non posso neanche dirvi che il fattore “vita passata” mi piaccia, eh no, direi che non sazia del tutto il mio animo controverso, perché in questo caso mi sembra una risposta un tantino troppo vaga.
Piuttosto, mi piace pensare che ci sia un qualcosa o un qualcuno, una forza insomma, ben più potente di noi piccoli esseri umani egocentrici e che tramite questo fenomeno, ci stia mandando una specie di messaggio. Fermi tutti, aspettate a sgranare gli occhi pensando “questa è tutta grulla!”, adesso mi spiego.
Magari, quello che noi chiamiamo Déjà-vu, non è altro che un messaggio per dirci che in quel preciso istante ci troviamo esattamente dove dovremmo essere. Penso questo perché la sensazione che provo durante quell’attimo non è mai brutta o sgradevole, anzi, è gentile, piacevole, è una bella e strana impressione, ha quasi un retrogusto familiare.
Mi piace dunque pensare che i Déjà-vu siano una sorta di conferma, una riprova dal risultato esatto che ci indica che siamo sul marciapiede del corretto lato della strada, che abbiamo in qualche modo imboccato la direzione giusta a quel crocevia pieno di cartelli. Dico ciò perché non reputo casuale l’arrivo di un Déjà-vu, infatti non vengono a farci visita continuamente, addirittura alcune volte passano mesi o persino degli anni prima di riviverne uno ma, nel preciso istante in cui quella frazione di secondo c’invade dalla testa ai piedi, ecco, proprio in quel momento credo che quella forza più potente di noi ci stia confermando che siamo esattamente nel posto giusto al momento giusto. Come se per esempio la nostra vita corrispondesse a una lunga linea, il Déjà-vu potrebbe essere un semplice avvertimento del fatto che in quel giorno e in quel minuto, tu stai camminando in linea col tuo “Destino”. (Che parola grossa, Destino…)
Quindi, secondo il mio ragionamento attorcigliato, oggi verso le 11.00 del mattino, io ero proprio nel posto prescritto dalla mia “linea della vita” ( non mi piace chiamarlo Destino, è una parola che mi mette a disagio), e in quel momento dovevo cercare proprio quel benedetto fazzoletto per soffiarmi il naso.
Mah, chi lo sa da che parte sta la verità, se fossi ad un compito in classe dovrei lasciare la risposta in bianco, mannaggia, non saprei da chi copiare e non mi sono fatta dei “bigliettini” tattici al riguardo; non ci resta altro che fare ipotesi e scivolarci sopra, sorridendo possibilmente.
In ogni caso ho provato una sensazione gradevole, un formicolio familiare che oltre a regalarmi un lieve sorriso, mi ha fatto venire voglia di mangiare un cubetto di cioccolata.