Generazione “click”

A me queste nuove generazioni mi spaventano e se potessi invierei un “Bat-segnale” cosicché Batman possa scendere sul pianeta Terra in nostro soccorso.
Dico ciò perché questo secolo porta con sé un bagaglio tecnologico piuttosto notevole, tante scoperte, il mondo meccanico ed “intelligente” che viaggia ad un passo decisamente spedito e molto probabilmente, se dovessi etichettare questi anni, direi che siamo nell’era dei “click”.
Non posso dire che tutta questa tecnologia che avanza al galoppo sfrenato sia una cosa negativa, perché velocizza tanti processi e aiuta la ricerca e la scoperta di nuove cose ed utili orizzonti però, come tutte le cose del resto, dobbiamo guardare anche l’altra faccia della medaglia e credo che porti con sé una generazione di babbei presuntuosi (oppure come direbbe la professoressa McGranitt, “una balbettante bambocciona banda di babbuini”!).
Eh sì, permettetemi di dirlo perché questa nuova gioventù mi fa venire i brividi e vi assicuro che non sono né per il freddo, né per la grande emozione e la cosa brutta è che loro non se ne rendono conto e sapete come mai? Risposta facile! Perché non riescono a vedere più in là del loro naso, anzi mi correggo adattandomi ai tempi, non vedono più in là del loro cellulare, che prima o poi si fonderà per il troppo utilizzo.
Io non so se accade anche a voi ma spesso mi capita di assistere a delle scene raccapriccianti, vedo bambinetti col gel sui capelli, le Timberland ai piedi e il moccichino che cola dal naso che trattano male i propri genitori (…ma non era il contrario?!), non rispettano niente e nessuno, rispondono a tono cercando di avere sempre l’ultima parola (e ci riescono pure!) e piantando delle bizze senza precedenti (oh Dio, quanti schiaffi ho preso…).
Questa è l’era del “voglio”, del “dammi” e del “fammi”, va di moda utilizzare i verbi all’imperativo (perché probabilmente il congiuntivo è troppo complesso), comandare è all’ordine del giorno mentre la gentilezza e le parole cortesi come il “grazie” o il “per favore” sono quasi in via d’estinzione assieme alle fiabe e pensate, alcune volte anche il bel “buongiorno” è da considerare una rarità!
Ormai quando il ragazzo ha un problema a scuola o magari si è beccato una bella nota sul registro, sapete cosa accade? (Su, ridete insieme a me!) Succede che in un modo o nell’altro è colpa o della scuola troppo dura, o della classe troppo confusionaria o del povero professore di turno (giudicato incompetente a priori), ma attenzione, non sarà mai e poi mai colpa del ragazzo, figuriamoci.
Vogliamo aprire una brevissima parentesi dedicata allo sport? No, possiamo anche evitare visto che questi ragazzi di oggi devono sempre studiare così tanto……….. (Metto i puntini per non essere sgarbata!) Non si riesce mica ad organizzare la scuola e lo sport, è assolutamente troppo, troppo complicato (non s’abbia a stancare la creatura dal cervello fumante eh…).
Che tristezza vedere queste ragazzine tutte truccate all’ennesima potenza, vestite (o svestite?!) tutte allo stesso modo, che utilizzano il piegaciglia (e pensare che ho scoperto solo qualche mese fa l’esistenza di questo strano aggeggio!) ed il loro dilemma più complicato è scegliere tra la minigonna più corta e super aderente oppure un top ultra trasparente. Vedere i ragazzi coi pantaloni sempre più bassi (tra un po’ usciranno direttamente coi boxer), con la sigaretta in bocca e la birra in mano, queste immagini che vi sto descrivendo sono deprimenti e deludenti soprattutto perché tutti questi adolescenti senza i loro cellulari, i loro Ipad, Ipod, Facebook, Twitter e chi più ne ha più ne metta, non riescono a vivere, si nutrono delle batterie di questi aggeggi tecnologici, pensate alla drammaticità di questa cosa. Questa generazione è composta da babbei che nella vita normale arrancano ma dietro ad uno schermo spaccano il mondo (o almeno credono), loro risolvono i loro problemi con un semplice “click”, si sentono felici facendo un “click”, passano minuti, ore, intere giornate a fare “click”. Ecco cos’è, una generazione di “click”.
Il futuro sarà strapieno di questi marchingegni sempre più tecnologici quindi molto probabilmente loro saranno molto più adeguati di me ma credetemi, a me sta bene così. Come in tutti gli argomenti, non si può generalizzare, è scorretto “fare di tutta l’erba un fascio”, come si suol dire, però è così triste vedere quei pochi ragazzini che sono l’eccezione di questa massa che vengono emarginati o considerati “diversi” solo perché magari tra le mani tengono un vero e proprio libro anziché un Ebook ( li odio, e non ditemi che quei “cosi” sono uguali ai libri perché divento una iena maculata!!!!); è una situazione che mi rattrista davvero tanto. La cosa bella di questa piccola cerchia di ragazzi è il loro sguardo, perché dietro al disagio nel sentirsi differenti ci vedo quella scintilla che la massa di babbei non possiede nemmeno nei sogni migliori. Fateci caso, quest’ultimi hanno uno sguardo vuoto, non s’illumina quasi mai, se non grazie ad uno schermo, ovviamente. Sembrano quasi dei piccoli robottini programmati, che cosa inquietante.
Trovo una nota positiva in tutto ciò, sapete quale? Questi ragazzini di adesso mi fanno sentire come se fossi Wonder Woman! Eh sì, perché io (come tutti i ragazzi della mia generazione e delle precedenti) studiavo e praticavo sport a livello agonistico, andando spesso e volentieri a fare le gare nel week-end e riuscendo comunque a stare coi miei amici e udite e udite? Sono ancora viva e vegeta! Quindi ragazzi miei, “SI-PUO’- FARE!” urlerebbe il dottor Frankenstein!
Scherzi a parte, se penso che il futuro del mondo andrà nelle mani di questi nuovi ragazzi rabbrividisco, ma con la (lontana) speranza di potermi ricredere.
Di cosa sono felice e vado fiera in tutto questo bel discorso? Di aver avuto una famiglia che mi ha insegnato come ci si comporta, di aver avuto un’educazione salda, di non aver bruciato nessuna tappa, di essere cresciuta con Cristina D’Avena, coi Pokemon, con le amatissime Barbie (oh che gioie!), col nascondino, Piccoli Brividi e con infinite cassette della Disney.
Ah e grazie anche alla mia mamma che coi suoi ceffoni (tanti eh), mi ha sempre rimessa al mio posto.