“Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino” di Christiane F.

Ci provo, ma parlarvi di “Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino” di Christiane F. è difficile, doloroso e complicato.
Partiamo dalle info facili; c’è anche il film ma credetemi, è la puntina dell’iceberg. Si tratta di un pezzo di vita dell’autrice, quindi si parla di una biografia mixata a delle interviste. Siamo negli anni ’70 e Christiane ci racconta dei suoi 12 anni, della sua famiglia formata da sua sorella, il padre violento e una madre spesso fuori casa. Arriva il trasloco e piano piano, in modo graduale, ecco che c’immergiamo nelle sue sensazioni, nei suoi pensieri e di conseguenza nel vortice delle droghe che la trascinerà in un abisso di dipendenza.

Questa storia, trascritta dalle bobine sulle quali furono registrate le conversazioni di Christiane con due giornalisti è un racconto crudissimo, una testimonianza, un caso esemplare di chi, nonostante tutto, ce l’ha fatta ma è una lettura senza veli che colpisce in pieno stomaco il lettore.

È per tutti? No perché qui si soffre per davvero. Io ho provato disagio, malessere, lo stomaco che si chiude, le lacrime che arrivano, la rabbia che bolle, ho sentito fastidio al braccio ad ogni suo ennesimo buco, insomma, non è una passeggiata. Dovrebbero leggerlo tutti? SI SI SI SI SI e ancora SI. Al liceo, da giovani, da adulti. Va letto per mettere in guardia, per avvertire e mostrare in modo vivido ciò che accade e come accade. Dovrebbe essere una lettura obbligatoria perchè la schiettezza degli orrori che Christiane ci descrive rimane addosso per forza. Io questo libro me lo porterò dietro fino alla fine, come si fa a dimenticare una testimonianza come questa? Impossibile.

La storia sale e scende, esattamente come Christiane che giovanissima mi parla di LSD, Mandrax, Efedrina, Hashish, a 14 anni fa per la prima volta uso di eroina, che fa le marchette per potersi comprare i suoi tanto agognati buchi. Mi parla di tutto questo e mi fa tornare ai miei 14 anni. Non sapevo nemmeno dell’esistenza di questa roba, leggevo “Piccoli brividi”, andavo a cavallo, ascoltavo gli Articolo 31 e imparavo a memoria tutti gli incantesi di Harry Potter.
La sua realtà e la mia realtà.

Nonostante il lieto fine, perché l’autrice è viva e ha scritto anche un secondo volume che s’intitola “La mia seconda vita” (grazie Paola per questa preziosa info!), il libro è durissimo. Descrive minuziosamente la vita di un tossico, cosa pensa, cosa sente. Come funziona tutto il meccanismo che c’è dietro a questa realtà.
La scrittura non è scorrevole e le sensazioni non sono positive. È disturbante e devastante. Eppure calamitico. Io me lo sono divorato, come se fossi drogata delle sue parole, dipendente della sua dipendenza. Mi sono aggrappata alla sua tristezza disarmante, al suo continuo conflitto del “vorrei ma non ce la faccio”. L’amaro in bocca c’è, il dolore vivo che brucia si sente e la disperazione della madre di Christiane è un qualcosa di lancinante.
Può una madre arrendersi? Me lo sono chiesto durante la lettura.
Christiane è stata ripetitiva nelle sue azioni, metodica e ripetitiva. Tanta volontà spezzata da un ago in vena. Svariate disintossicazioni fallite e successive ricadute. E tu, lettore, sei li che tifi per lei… Tifi, tifi, tifi e poi ad un certo punto molli. Molli perché ti rendi conto che davanti a te hai un caso perso, una bambina che non ha neanche il ciclo mestruale e fa marchette per farsi in vena.
Dio mio quanto mi ha messa a dura prova questo libro ma lo rileggerei, eccome se lo farei.
Quella di Christiane è una realtà che basta poco per averla sotto gli occhi, basta guardare meglio e in posti specifici e tac, ecco che vieni catapultato in queste pagine.
Morte, devastazione, perdizione, dolore.
Eppure esiste. Non è un fantasy, questo è reale ed è la realtà di tante persone.

La verità? Vorrei poter far qualcosa.
Ma se c’è una cosa che questo libro mi ha fatto capire con uno schiaffo a mano aperta è che non si può aiutare chi non vuole essere aiutato per davvero e talvolta non bisogna solo “fare” ma c’è la doverosa necessità di scappare, di allontanarsi e andar via.

Consapevole del dolore che proverete e me ne assumo la totale responsabilità, vorrei che questo libro entrasse nelle case, nelle vite e nelle realtà di tutti perché dietro l’angolo di ogni strada ci può essere una Christiane che ha bisogno d’aiuto e quella Christiane può essere tua sorella, tuo figlio, il tuo migliore amico, la tua fidanzata… Chiunque può essere Christiane.

Potrei continuare per intere ore a scrivere un flusso di pensieri legati a questo libro, alla realtà che Christiane mi ha mostrato e a quante testimonianze video mi sono vista in questi giorni ma credo che mi fermerò qua, in caso farò un video dedicato a “Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino” di Christiane F. sul mio canale Youtube (clicca QUI per visitarlo). Ora ci penso perché vi giuro, non ho MAI avuto così tanta difficoltà a parlare di un libro ma d’altra parte, c’è sempre una prima volta.
Leggetelo, per piacere.
E fatelo leggere ai ragazzi. Quarta – quinta superiore, non prima.

Buona giornata amici lettori, a presto.