Il mio paesello (Parte 1)

Ci sono cose che solo chi vive in un piccolo paesino può capire, dettagli e attimi che nelle città non vengono visti e tanto meno presi in considerazione.
Fino a che si brancola nel periodo adolescenziale non si può amare ed apprezzare la vita paesana, è una realtà indiscussa, perché a suo modo il paese risulta insufficiente, non soddisfa i desideri, le voglie e i grilli che si hanno per la testa in quegli anni dove tutto sembra una gran complicanza. Durante il periodo del liceo i nostri cervelli sono proiettati verso la città, c’è poco da dire e va bene così, perché ci sono tante esperienze da fare come andare nei pub, vedere miriadi di facce nuove, andare a ballare nelle discoteche, vagare per le piazze più confusionarie con un bel gruppo di amici e magari una buona birra in mano. Ah, quante serate abbiamo trascorso seduti a ridere e a chiacchierare sulle scale sconnesse della magnifica piazza di Santa Croce a Firenze, quanti discorsi hanno ascoltato quelle pareti antiche che vegliavano su di noi col freddo vento di Gennaio e col caldo afoso di Luglio. Bei tempi, quelli.
In quegli anni si maledice il proprio paesello e anche senza pentimento, quante volte abbiamo imprecato di non essere nati in centro, dove i divertimenti sono tutti a portata di mano e non devi organizzarti coi tuoi genitori e con quelli della tua combriccola per essere sia accompagnati che ripresi, mettere d’accordo tutti era sempre un’impresa titanica (per non parlare poi delle inevitabili discussioni sugli orari, quando ottenevi quella mezz’ora in più ti sembrava di aver vinto una grande ed epica battaglia di cui si poteva andare più che fieri!).
Passato questo periodo poi, almeno così è successo a me, inizi con calma ad amare in tutte le sue innumerevoli sfaccettature il tuo piccolo paese, impari ad ammirarlo da altre prospettive e ne accetti anche i difetti.

Il mio paesino poi, l’Impruneta, è una vera e propria bomboniera (e non lo dico perché sono di parte, intendiamoci!) e lo so che non c’è un gran da farsi nelle serate ma, credetemi, ha una sua personalità, ha un suo “perché” che non posso non apprezzare. La mia cara Impruneta è addirittura famosa per la sua lunga ed invidiabile storia e per la produzione del suo “cotto”, abbiamo delle fabbriche che producono delle vere e proprie opere d’arte in Terracotta e sono uniche nel loro genere, giuro, croce sul cuore e parola di scout!
Ma come in tutti i paesini, ci sono tanti mattoni quante chiacchiere e le donzelle di età passata si sa, hanno una bocca così ampia che “la rana dalla bocca larga” non è nulla a confronto! Il segreto per non farsi distruggere da queste “panterone avvizzite” è spiattellare uno strepitoso sorriso a mille denti, quasi da paresi facciale, e fingere una cortesia innata e mi raccomando a voi, quando vi capita di passare davanti a quelle panchine secolari puntualmente occupate dalle loro immancabili chiacchiere, cercate di non soffermarvi troppo, tirate dritto e tenete lo sguardo basso. Fidatevi, perché sennò noteranno la gonna troppo corta, i jeans troppo strappati, le calze troppo trasparenti, il golfino troppo colorato, lo scollo troppo profondo, la giacca troppo aggressiva, il trucco troppo pesante, il rossetto troppo rosso o troppo rosa o giallo o verde o viola, le scarpe provocanti o troppo sportive, insomma camminate “di pedina” e via! Ah, e non le guardate negli occhi, oppure vi leggeranno anche i pensieri!

A parte questo, gli odori e i suoni che si vivono quotidianamente in paese sono unici e no, non ci sono anche in città, o meglio, essere ci sono, però il problema è che vengono continuamente sovrastati da un qualsiasi suono più prepotente dato dall’immancabile traffico.
Quando nelle prime giornate primaverili s’inizia ad aprire le finestre e si sentono cinguettare gli uccellini, gli intensi battibecchi amorosi tra gatti, il fruscio delle chiome degli alberi quando tira vento, sono tutti suoni apparentemente semplici ma hanno il grande potere di alleggerire l’animo. Camminare in punta di piedi in una fitta pineta (evitando il periodo dei Bruci!!) ed inspirare a pieni polmoni quel magnifico odore, passeggiare in un prato, magari a Primavera inoltrata, quando i fiorellini prendono vita, sono piccolezze che la città non può darti, annusare l’aria che profuma di campagna è armonia per i nostri sensi. Non è roba da poco, anzi, penso sia un grande dono quello del mio paesino, spesso riesce a farmi sorridere pur non facendo niente, se non essere semplicemente se stesso.

Non a caso prima possedere la casa in campagna era un lusso che non tutti potevano permettersi, andare in villeggiatura era la perfetta vacanza di una famiglia benestante, quindi alla fine mi reputo più che fortunata ad abitarci. Devo ringraziare solo i miei nonni per questo, quando quel benedetto giorno hanno deciso di venire ad abitare qua, lasciando quella meravigliosa casa in via dell’Alloro spesso rammentata con infinito piacere, per venire tra le verdi colline imprunetine, scegliendo quella casa, che tutt’ora abitano felicemente, in una delle principali vie del paese che con la sua leggera discesa ti porta diretto in piazza.

Ci abito da sempre nel mio paesino, da 26 anni ormai suonati e detto tra noi non sono in grado di vedermi in un altro tipo di contesto, non so, forse sono fin troppo abitudinaria, oppure perché sono simile all’Edera, una volta che pianto le radici e mi sento a mio agio, continuo a crescere sempre di più, ma senza mai spostare i miei piedi. Credo sia più forte di me, non posso non amare i suoi tramonti, le sue polemiche, le sue tradizioni, i suoi colori, i suoi immancabili personaggi e sì, anche i suoi tremendi chiacchiericci.
Non si può mai sapere quello che ci riserva la vita, cosa faremo, con chi, quando e dove, ma di una cosa posso starne certa, io non sono una pianta che sta bene ovunque, non sopravvivo in tutti i terreni e adesso, nel mio paesino, mi sento annaffiata a sufficienza, ho una giusta quantità di luce e l’aria che respiro mi piace, le mie radici sono abbastanza profonde ed io mi sento bene.