La mia stradina…

Apro la finestra, c’è il sole, abbasso lo sguardo e vedo la mia strada, so esattamente dove inizia e dove finisce, conosco a memoria il suo andamento tanto da poterla percorrere ad occhi chiusi, so dove sono le sue buchette, dov’è un po’ sconnessa e dove invece è liscia come l’olio, conosco la sua discesa e la sua salita, so anche in quanti passi riesco a percorrerla al mio ritmo di camminata. Beh, sarebbe bello conoscere tutte le strade come io conosco questa qui sotto di me, sapere dove iniziano, gli angoli ciechi che nascondono, se hanno delle sorprese oppure no e poi sì, sarebbe certamente bello sapere dove e come finiscono, soprattutto se parliamo della “strada della vita”, di quella purtroppo o per fortuna sappiamo solo due cose, come inizia e che o prima o dopo finirà, ma su quest’ultimo punto non possiamo sapere né dove, né quando e nemmeno il perché.
Però almeno io questa strada la conosco davvero bene e lei conosce me alla perfezione, d’altra parte mi ha vista star comoda sul mio carretto, mi ha vista fare i primi passi attaccata alla mano di qualcuno, mi ha vista col grembiulino e la cartella il primo giorno di scuola, poi con lo zaino più grande e dopodiché anche con quello decisamente più pesante alle 14,30 mi vedeva risalire quella sacrosanta ma fortunatamente breve salita con una faccia che il più delle volte parlava da sola per la bellezza di 5 lunghi anni. Sono 27 anni passati che questa strada mi vede uscire la mattina, mi ha vista fare quella salita alla velocità della luce, a corsa oppure con un passo lento da lumachina, sarei curiosa di avere un numero esatto delle volte che l’ho percorsa, indicibile credo! Mi ha vista proprio in tutte le mie versioni, quelle migliori ma anche quelle peggiori direi, in compagnia e col sorriso smagliante, sola ma comunque contenta e felice, euforica la Domenica della Festa dell’Uva quando quella salitina sembra veramente la vetta del Kilimangiaro, sorridente e saltellante però di certo l’ho percorsa anche col broncio, infinite volte direi, oppure col labbrino triste e con gli occhi che trattengono le lacrime in attesa di aprire l’uscio di casa, mi ha vista piangere, camminare velocissima dal nervoso coi muscoli tesi come una corda di violino, mi ha vista in balia dell’alcool nelle notti settembrine o per via di qualche evento e poi beh, mi ha vista anche fare i primi parcheggi e direi che mi ha insegnato fin da subito a parcheggiare sulla sinistra e per di più in salita!
Cara la mia via Ferdinando Paolieri, con le tue botteghe, le tue chiacchiere, le tue forme, i tuoi muri, ogni mattina mi dai il “buongiorno” ed ogni sera mi dai il tuo “bacio della buonanotte“, trafficata e conosciuta da tutti e poi in fin dei conti la mia famiglia sta in questa via da ormai tanti anni, tra i nonni, zii e noi, via Paolieri ormai è come se fosse un pezzo di famiglia insomma ed adesso l’abbiamo praticamente “conquistata” noi, tra case, affittacamere e negozi direi che siamo i “Boss” di via Paolieri!
Scherzi a parte, credo che quando una persona trascorre tanti anni, la mia intera vita per quanto mi riguarda, nella solita via, beh, per molti potrà sembrare noioso e tremendamente triste ma io non la vedo così, la vedo come una grande affezione in realtà, è la mia via questa e che ci abiti per sempre oppure no nessuno lo può sapere però la certezza che le vorrò sempre un gran bene è un argomento non discutibile, su questo non ci piove…